Parliamo di calcio by Michel Platini

Parliamo di calcio by Michel Platini

autore:Michel Platini [Platini, Michel]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 12345
editore: Bompiani
pubblicato: 2014-07-14T16:00:00+00:00


10.

L’ARBITRO

Sempre no al video

Un campo di gioco, un pallone, due porte, ventidue calciatori; ma forse abbiamo dimenticato qualcuno, come si fa con un nonno, una nonna o un cane sull’autostrada.

L’arbitro.

Il signor arbitro.

D’accordo, il SIGNOR arbitro, diamogli tutti gli onori. Ma non è il caso di fare un paragone forte con un cane o un parente abbandonati e dimenticati perché l’arbitro quasi non è mai esistito, non ha avuto una vera nascita, non la si è ritenuta necessaria.

Per questo oggi l’arbitro forse si sta prendendo una rivincita.

No, sarebbe fare una grave accusa al calcio. Il calcio si è considerato esemplare, composto da uomini perfetti e sportivi, ha pensato di autoregolamentarsi, di avere i mezzi per farlo. Il calcio non pensava al futuro e non pensava al male. Cronologicamente è stato, insieme con il rugby, il primo dei grandi sport. Non immaginava quello che sarebbe accaduto. Il mondo era più pulito, più civile, più rispettoso delle regole della vita in comune e non si avevano la tentazione e il pensiero di mettere un carabiniere alle spalle di ogni cittadino. Se dovessi pensare e parlare, togliendomi di dosso il ruolo istituzionale di presidente, vorrei un calcio senza arbitri, senza giudici. Come negli oratori, nei cortili delle scuole, come quando si gioca nelle strade. E mi piacerebbe provare una grande sfida, quest’anno, giocata senza arbitro. Ma se torno al ruolo di presidente allora mi piacerebbero un arbitro e un arbitraggio a misura della filosofia del gioco, anzi vorrei due arbitri particolari: i due capitani.

Così era all’inizio di questo gioco. Si giocava nello spirito cavalleresco dei capitani, l’arbitraggio non era assente, era invece presente tra i giocatori, in palio c’era una cena… Poi, sopraggiunto il denaro, le responsabilità sono aumentate e ogni squadra volle portarsi un proprio giudice, come ci si portava da mangiare in certe trattorie. Quando i due giudici, disposti ai lati del campo, non trovavano un accordo allora interveniva un terzo giudice che si chiamò referee, quello al quale si riferiva. Stava seduto su una sedia sopraelevata, fuori dal terreno di gioco, per ribadire la sua “superiorità” ed estraneità alla contesa.

Sepp Blatter mi ha spesso parlato di quel referee, l’uomo al quale si riferiva quello che era accaduto sul campo e che era discusso dai due capitani e da altri giudici. Mi affascina questo discorso. Forse il fatto che fosse nato nel mondo anglosassone lo ha agevolato, cosa che non sarebbe ugualmente accaduta nel mondo latino. In verità il principio alla base è quello della concertazione, di una unione di pensieri, sia tra i calciatori, sia tra i due capitani. L’arbitro rappresenta l’inevitabile fase di consultazione e decisione che segue una fase di concertazione fallita. Comunque non si deve perdere di vista il fatto che il calcio è un gioco in continuo movimento. La giustizia dev’essere pertinente al gioco e dev’essere anche rapida, ma è importante che la giustizia non condizioni il gioco.

Nel 1871 nasce la Coppa d’Inghilterra, l’arbitro è ancora sul suo trono. Poi nasce la Football League e l’arbitro abbandona



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